Retrospettiva a David Bailey, al Padiglione di Arte Contemporanea di Milano
Dalla Swinging London dei magici anni sessanta al Padiglione
di Arte Contemporanea di Milano. Una gigante e chiccosissima culla, di cultura
per l’alta moda, e di una frastornante
notorietà. Volendo poi contestualizzare
un attimo, parliamo di anni in cui i rapporti tra razze, generazioni, sessi,
vengono a modificarsi in maniera
irreversibile, in direzione di una maggiore apertura che fino a quegli anni era
venuta meno, un affermarsi per meglio
dire di una progressiva libertà e
democrazia.
Una costellazione di oltre 300 scatti, di uno dei fotografi
più influenti e espressivi dell’ultimo Novecento, la retrospettiva battezzata Stardust sarà in mostra fino al 2 giugno al
Padiglione di Arte Contemporanea a
Milano, proprio al fianco della GAM.
Pietra miliare della fotografia, Bailey è creatore di alcuni
ritratti, tra i più significativi di oggi. Una fotografia che inizialmente si
presenta come fashion photography; nonostante lo stesso artista avesse sempre
guardato il mondo della moda, come un mondo caotico, dove la gloria giungeva
non tanto in carriera, ma postuma alla morte. Infastidito, ma nello stesso
tempo indifferente, accettò dapprima l’incarico offertogli da Vogue, dove
attorno a questo si concentrerà il primo capitolo della mostra. Circoscritta in
qualche modo al lavoro di Bailey, ma ci accorgiamo che c’è ben altro. Non ci si
limita alle sgargianti e accattivanti ritratti da testata, ma se muoviamo pochi
passi, ci rendiamo conto che la mostra ripercorre i capitoli di vita dello stesso
artista. Ci troveremo davanti ad altri capitoli della fotografia dagli still
lives, sempre dritto fino alla fine del mondo.
Scatti dall’India, dalla Birmania, dall’Australia, alla
Papua Nuova Guinea, fino al Sudan.
Ma non è solo questo. Alla macchina fotografica di Bailey
non scappano nemmeno i grandi divi, come Dalì o Warhol, e altri ritratti tra
cui quelli di Francis Bacon e di Damien Hirst. Ma teniamo anche un’occhio sulla
contemporaneità, dove non ci possono sfuggire né Jonnhy Depp, né Marylin
Streep, capisaldi del cinema odierno.
Piccola parentesi, che non voglio esprimere come uno dei
capitoli della mostra è sicuramente quella delle nature morte di Bailey. Sono comprese
un paio di recenti nature morte dell’artista; le figure sono dipinte dalla
fantasia dello stesso e hanno una strana e particolare presenza onirica, data probabilmente
dal fatto che queste composizioni sono
dipinte nell’immaginazione, ed è la stessa fantasia a regolare la luce, o la scala relativa a
ogni oggetto.
Dall’esigenza, e dal desiderio di trovare qualcosa di
diverso, di trovare nuovi soggetti, ecco che nasce uno dei progetti, dove i
suoi scatti ci dicono a voce alta, che si può essere fotografi anche usando un
cellulare (personalmente io sarei punto
e a capo anche on l’ultimo iphone uscito ora sul mercato); ma con uno dei
modelli Nokia, Bailey realizza una serie di scatti, che a primo occhio sembrano
così perfette, da pensare che dietro a una folla, o a un ragazzo ci sia uno
studio tutto minuzioso, per poter arrivare a quel risultato.
Un enorme costellazione di idee, e nello stesso tempo una costellazione
di grande stelle.
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