Ieri sera sono stata presente all’inaugurazione negli spazi
di Tortona 27 , dell’ Affordable Art fair, teatro di esposizione che si è
attivato per far partecipare 95 gallerie nazionali e internazionali, con opere
sotto i 6000 euro.
Com’è che si dice scusa? “Oggi si conosce il prezzo di
tutto, ma il valore di niente”..
Ma prima di parlare, o di consigliare o di scrivere
qualsiasi altra cosa voglio prima intavolare un discorso sul collezionismo.
Dal nostro punto di vista riconosciamo il collezionismo
d’arte come il più affascinante, ma come il più ambiguo tra tutti i
collezionismi, poiché le motivazioni egoistiche e la golardia si nascondono
dietro a una più “nobile” copertura culturale (paragonabile a mia vista
solamente all’immunità diplomatica, più legale e più indiscutibile copertura a
tutti i misfatti commessi fino al giorno prima).
Alla base del criterio di collezionare non è altro che
vivere la cultura artistica attraverso il possesso, attraverso a un esigenza di
autoaffermarsi a livello sociologico il modo più primitivo che ci consente di
diventare “padroni” e non più estimatori.
Concepiti dalla psicoanalisi addirittura come soggetti di
un’etica profondamente egoistica, limitata e addirittura gretta.
Ma cerchiamo di non perderci di vista il filo conduttore del
nostro discorso; volevo solamente servire un antipasto di cruditè prima del
piatto di portata principale.
Riguardo ai tipi di collezionismo riconosciamo quelli con
un’attrazione puramente patologica, dove prima si deve assolutamente soddisfare
loro stessi, e in secondo luogo proiettare un’identità attraverso la collezione
stessa, come se essa fosse un organismo, una realtà che diventa totalitaria e
autonoma in grado di proiettare l’anima del suo possessore.
In secondo luogo abbiamo quelli che affiancano un disperato
razionalismo, patologico come nel precedente esempio, ma visto non come fine,
ma come mezzo per possibili guadagni con nessuna distinzione da un qualsiasi
strumento bancario dove la speculazione è l’unico aspetto emotivo se così
possiamo dire, presente nella pratica.
Poi abbiamo una terza categoria di collezionisti, una sorta
di fantasma, una sorta di Santo Graal, anzi ancora più sconosciuto, perché se
del mistico oggettuccio conosciamo almeno la storia agli stremi della realtà,
della terza categoria non conosciamo neppure un passo mitologico, né la
leggenda. Sono i collezionisti che considerano coscientemente la loro attività
volta allo sviluppo della cultura artistica. Quindi non mossi da vanità e
scelleratezza, non volti a un rendimento di un pacchetto azionario esistente
solo in Wolf di Wall Street, ma mossi solamente dall’interesse verso la
promozione indipendente da quell’illusione viscerale e carnale che rende un
opera o un artista insostituibile.
Quindi non posso fare altro che sperare e augurarmi che in
questa fiera ci sia qualcuno, che non dico sia a metà tra un licantropo e metà
tra un filantropo della taratura di Andrew Carniege, ma qualcuno che tra
irrazionalità e buon senso, possa prendere (e acquistare di conseguenza) parte
delle opere in vendita. Perché siamo tutti tremendamente bravi a conoscere il
prezzo di qualsiasi oggetto, ma siamo altrettanto impreparati sul dare valore a
qualcosa.
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