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giovedì 19 marzo 2015

Oggi si conosce il prezzo di tutto, ma il valore di niente..

Ieri sera sono stata presente all’inaugurazione negli spazi di Tortona 27 , dell’ Affordable Art fair, teatro di esposizione che si è attivato per far partecipare 95 gallerie nazionali e internazionali, con opere sotto i 6000 euro.

Com’è che si dice scusa? “Oggi si conosce il prezzo di tutto, ma il valore di niente”..
Ma prima di parlare, o di consigliare o di scrivere qualsiasi altra cosa voglio prima intavolare un discorso sul collezionismo.
Dal nostro punto di vista riconosciamo il collezionismo d’arte come il più affascinante, ma come il più ambiguo tra tutti i collezionismi, poiché le motivazioni egoistiche e la golardia si nascondono dietro a una più “nobile” copertura culturale (paragonabile a mia vista solamente all’immunità diplomatica, più legale e più indiscutibile copertura a tutti i misfatti commessi fino al giorno prima).
Alla base del criterio di collezionare non è altro che vivere la cultura artistica attraverso il possesso, attraverso a un esigenza di autoaffermarsi a livello sociologico il modo più primitivo che ci consente di diventare “padroni” e non più estimatori.
Concepiti dalla psicoanalisi addirittura come soggetti di un’etica profondamente egoistica, limitata e addirittura gretta.
Ma cerchiamo di non perderci di vista il filo conduttore del nostro discorso; volevo solamente servire un antipasto di cruditè prima del piatto di portata principale.
Riguardo ai tipi di collezionismo riconosciamo quelli con un’attrazione puramente patologica, dove prima si deve assolutamente soddisfare loro stessi, e in secondo luogo proiettare un’identità attraverso la collezione stessa, come se essa fosse un organismo, una realtà che diventa totalitaria e autonoma in grado di proiettare l’anima del suo possessore.
In secondo luogo abbiamo quelli che affiancano un disperato razionalismo, patologico come nel precedente esempio, ma visto non come fine, ma come mezzo per possibili guadagni con nessuna distinzione da un qualsiasi strumento bancario dove la speculazione è l’unico aspetto emotivo se così possiamo dire, presente nella pratica.
Poi abbiamo una terza categoria di collezionisti, una sorta di fantasma, una sorta di Santo Graal, anzi ancora più sconosciuto, perché se del mistico oggettuccio conosciamo almeno la storia agli stremi della realtà, della terza categoria non conosciamo neppure un passo mitologico, né la leggenda. Sono i collezionisti che considerano coscientemente la loro attività volta allo sviluppo della cultura artistica. Quindi non mossi da vanità e scelleratezza, non volti a un rendimento di un pacchetto azionario esistente solo in Wolf di Wall Street, ma mossi solamente dall’interesse verso la promozione indipendente da quell’illusione viscerale e carnale che rende un opera o un artista insostituibile.


Quindi non posso fare altro che sperare e augurarmi che in questa fiera ci sia qualcuno, che non dico sia a metà tra un licantropo e metà tra un filantropo della taratura di Andrew Carniege, ma qualcuno che tra irrazionalità e buon senso, possa prendere (e acquistare di conseguenza) parte delle opere in vendita. Perché siamo tutti tremendamente bravi a conoscere il prezzo di qualsiasi oggetto, ma siamo altrettanto impreparati sul dare valore a qualcosa.

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