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domenica 15 marzo 2015

Quando si è insofferenti a ogni etichetta, sguardo a Medardo Rosso e alla sua ultima mostra, in corso a Milano...


"A me, nell'arte, interessa soprattutto di far dimenticare la materia"... su queste poche parole è ispirata la mostra alla Galleria Moderna, di Medardo Rosso, a Milano, all'interno del programma Expo, "Luce e materia", curata da Paola Zatti, che avrà pensato al diavolo la cronologia e la suddivisione per tematiche, la mostra dovrà pur appassionare. Ottima scelta, debbo dire!

Un percorso che sa districarsi tra opere modellate in cera, bronzo e gesso.
Ci troviamo tra Ottocento e Novecento, in uno scenario prettamente impressionista, dove la scultura perlomeno in Italia, era fra le mani da poco più che abili mestieranti dal gusto romantico, ancora fortemente legati a forme neoclassiche. Uno scenario che comunque completò lo stesso Medardo.
Che poi come tutti coloro che si fanno rispettare anche qua, ci troviamo dinnanzi a un esemplare che non è niente popodimeno che il risultato di un'artista anarcoide shekerato con una buona dose di autonomismo, e con una punta di anarchiticità che ci servono un ottimo prodotto, fuori dai dettami dell'artista monotono e noioso di buona famiglia. Proprio come ora, il ribelle ci piace, lo scapestrato ci fa impazzire, e l'anarchico artista conquista e strega la critica. Nulla di nuovo fin qua dunque.
Ma cosa oltre che a un allontanamento dall'Accademia delle belle arti, una depressione incalzante, e qualche paio di malattie sessuali?
Bè abbiamo molto di più. Preso presto confidenza con l'opera degli scapigliati lombardi, Medardo rielaborò nel mezzo scultoreo, un gusto analogo per i suoi effetti luminosi, e le vibrazioni atmosferiche che riescono a dissolvere la forma plastica, ottenendo nelle proprie opere effetti che parevano poter essere raggiungibili solamente attraverso la pittura. Questa cosa dopotutto non ci è così sconosciuta, se ci facciamo venire in mente le tanto famose "forme uniche della continuità nello spazio" perché Medardo anche quando ricorse alla fusione in bronzo, badò non tanto al volume quanto all’effetto ambientale che l’opera può assumere.
Io come il resto di un marasma di visitatori fruitrici, al cospetto delle sue opere, veniamo affascinati dallo scivolamento delle forme, dall’assenza di piani prestabiliti, dagli effetti luminosi e dal colore caldo e talvolta diafano delle sue cere.
Quello che infatti ho pensato, avvicinandomi alla tastiera, non era spiegare, e ricercare ogni significato per ogni emozione, sentimento e sorriso, ma celebrare quell'enfasi che penso abbia catturato tutti noi davanti a un gesto appena accennato, dinnanzi a una smorfia appena celata.
Perciò invece, che essere la vostra seconda wikipedia in versione smartphone, preferirei invitarvi a immaginare le storie di 
ciascun opere,e di raccontarvi e raccontarsi davanti a esse.
Dovrete immaginare e costruire i vostri racconti davanti a soggetti presi umilmente tra la comune gente, perciò nessun principino, nessun re e regina da celebrare postumo; solamente un sagrestano meneghino un po' pettegolo e forse brillo, come noi nel fine settimana del resto, perché cambiano i tempi, ma non cambiano i passatempi.
Dovrete essere bravi a inventare e inventarvi di fronte all'incredibile purezza di un bambino davanti a un mondo per lui diverso, per noi grandi invece banale. Un'espressione talmente spontanea, quanto meravigliosa che segna il volto di un bambino qualsiasi.
C'è lo spirito, c'è l'incontaminazione di modelli prestabiliti, c'è solo l'attimo sfuggente che non si dissolve, ma permane per sempre.
Io poi, suggerisco personalmente di cogliere l'ultimo aspetto, che pure io fatico a definire. Lo definirei per l'appunto come sarcastico, ma 
appropriato, ma vogliamo spendere due parole sulle fotografie alla fine di questo percorso? Le fotografie sono l'ultima e conclusiva cosa che ho visto prima di vedere il negozio souvenirs. Sono state posizionate ad hoc proprio.
Bè le fotografie sono state anche l'ultima cosa che vide l'artista nei suoi giorni, visto che morì per mezzo di un incidente con una lastra nel suo studio fotografico. Bè almeno non possiamo uscire dalla Galleria Moderna, senza dire che ci siamo persi qualcosa!

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