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mercoledì 25 marzo 2015

Vinitaly 2015 e le sue centinaia di vini a regola di arte.

L’uomo è tra il soffrire e il vivere conflitti interni, somatizza, o più semplicemente sente l’insoddisfazione di non essere “compiuto”, proprio compiuta come un’opera d’arte.
E’ difficile, impossibile determinarne la reale natura, che contiene in sé una negazione: incompiuta, non-compiuta.

Il vino può aiutare a raggiungere quel processo di “compimento” che consente di raggiungere l’equilibrio emotivo. L’equilibrio emotivo è quella condizione, che ci permette di vivere pienamente la nostra esistenza in serenità, senza false aspettative o ideali irraggiungibili. Ma penso ci sia molto di più dietro a tutto questo..
(da "Vino e Psicanalisi", di Sinibaldi e Ferrari, psicoanalisti con un'enoteca tra Cinque Giornate e Corso XXII Marzo)




Come dicevo prima, e come avrete capito è il vino a rendere migliore l’uomo, mente cosa dicevano della pittura? Che invece rende leggibile e sottile la nostra anima.
Non c’è perciò da stupirsi, se arte e vino nella loro storia hanno avuto continui incontri; entrambi in comune hanno una natura materiale, e un magnetismo spirituale.
Perciò volevo ripercorrere la storia del vino con i suoi ritratti più significativi, perciò cos’è questo vino?
Bè il vino è divertimento, questa è la prima certezza che abbiamo perché dove c’è vino c’è sorriso, come seconda certezza è che dove c’è vino in genere c’è arte…
Per Veermer in “Due gentiluomini e una fanciulla con vino” è un istante di seduzione, una donna raffinatamente vestita con un vestito di seta rossa, come volesse con un sorriso, compiacersi davanti a un uomo che la invita a bere un bicchiere di vino, poi io che sia compiacimento o ebrezza ho qualche dubbio io.
Stesso uomo, stessa situazione dove una donna seduta sta assaporando un bicchiere di vino; in entrambe le rappresentazioni quelle ad essere illuminate sono le emozioni e gli stati d’animo, messi in evidenza dal gioco psicologico che viene a crearsi.
Campeggiamo da un Paul Cezanne che lascia una bottiglia di vino sul tavolo assieme ai suoi giocatori di carte, a un Manet dove il vino è protagonista anche a colazione (ecco su quest’ultima cosa non posso che esordire, con un: “Bravo che hai capito l’essenza del mio pensiero, un pranzo senza vino, non può essere che colazione, e anzi maggià che ci siamo un po’ di vino piazziamolo anche li. Fratello e faro il vino ha preso sottobraccio e accompagnato ovunque tutti da Modigliani a Soutine…. 

“Si è chiusa oggi l’ennesima edizione di Vinitaly 2015, un’ottima annata a quanto mi risulta da quello ho leggiucchiato in giro qua e la, una fiera che per chi non lo sa non è la solita pezza dove espongono cose o pezzi di design che a forza di sforzarci ad apparire intelligenti ci viene il mal di testa. A mio parere, questa non è una fiera, è LA fiera per eccellenza, che poi io lo dico a voi uomini cari,  questo evento vi permette di avere la botte piena e la moglie ubriaca (infatti la riserva che tenete nel vostro sottoscala di Viale Umbria, rimarrà intatto)!"

Questo vinitaly ci ha fatto una sorpresa e insegnato qualcosa; i vini biologici e vegani sono stati i protagonisti di questo 2015; i consumatori nonostante la congiuntura negativa di questi ultimi tempi, continuano a consumare a quanto pare. 
Infatti mi è stato poi spiegato che nella fase di vinificazione diverse volte sono utilizzate sostanze di origine animale come le proteine del latte, o dell’uovo, che vengono utilizzate nella chiarificazione di vini. Questi vini paiono essere una garanzia per ogni vegetariano o vegano, che può stare tranquillo dopo tutti quei settecentoquattordici controlli accurati che vengono effettuati non sono alla fine, ma durante tutta la fase della realizzazione.
Un altro padiglione che mi ha intrigato è sicuramente quello coraggioso e mini-mini (il mini fa tendenza questa è la terza certezza dopo il divertimento e l’arte)  che ci ha offerto anche una piccola offerta di vini internazionali.  Ecco tanto per fare un po’ di chiarezza voglio dire che non sono un’espertissima, ma un vino cattivo si sa riconoscere.
Uno paio me ne sono rimasti impressi nella mente e sulle papille. Il primo era un vino spagnolo, che aveva sentori intensissimi e favolosi all’olfatto, ma che non aveva gli stessi attributi quando il dato sensoriale in gioco è stato il gusto. Quindi io rimarrò fedele alle mie venticinque regioni, dal Piemonte alla Puglia, allargandomi alle isole, e soffermandomi più che volentieri anche lì.
Dunque l’unico consiglio che vi posso dare è quello di non predestinarvi obbiettivi particolari e andate dove vi porta il cuore e il vino.

Se Depero beve Camparisoda, noi ordiniamo uno sbagliato alle 19.00...


"Lo Stemma araldico della Campari non sono altro che: due cani,  in italiano traducibili come cani pari, da cui sembra immediato perciò arrivare alla parola Campari"..


Alzi la mano chi come me prima di quest'oggi era ignaro di questo significato, (o semplicemente che non gli è mai passato per la testa!)..
Bene, questa è la prima cosa che ho imparato da questo incontro con Paolo Cavallo direttore della Galleria Campari di Sesto san Giovanni; la seconda è quella di aver ripercorso alle nove della mattina, tutte le varie miscellanee per arrivare alle 19.00 di questa sera, con le idee ben chiare su cosa ordinare al bar, la terza quella dell'introduzione del concetto museo-azienda.

La realizzazione della galleria Campari è avvenuta in modo più che preciso, allontanandoci dai soliti canoni d’impresa che con la loro linea cronologica non fanno altro che insistere sulle loro tappe commerciali. Quindi no alla visone cronologica, né a quella didascalica, la più azzeccate per celebrare la gloria del passato del marchio; ma viene introdotto un qualcosa dove passato, presente e futuro vengono uniti per mano di un team d’eccellenza.
Prima di fare qualcosa, si aveva ben chiaro dall'inizio cosa non fare!
Non creare un museo polveroso con un autocompiacimento sul successo passato della Campari, ma
un progetto dinamico e interattivo per un pubblico giovane e contemporaneo, dove si è cercato di esplorare tutto l’archivio storico artistico, sebbene sia piuttosto vasto e pertanto impossibile da riproporre interamente.
Si è voluto creare una sorta di punto nodale, per un luogo che fosse in grado di comunicare i valori del marchio Campari, ormai vecchio di 155 anni, ovvero un marchio che dopo la sua vecchiaia è ancora in crescita, nonostante il mercato italiano sia un mercato già parecchio attivo grazie al nostro invidiabile mito dell’aperitivo che per tanti come la sottoscritta si rinnova immancabilmente tutti i giorni della settimana.
Giusto per saperlo, così che nella remota possibilità vi possa essere chiesto, voi potete dire che sbronzarsi ha in realtà la propria storia!

Il mito dell’aperitivo quotidiano è iniziato con Campari Soda nei bar, un aperitivo veloce nato negli anni ottanta con due patatine e un oliva al bancone; semplice e economico mi pare di capire.
Ora il mito dell’aperitivo è cambiato, quello dell'happy-your anche, e si è arrivato a un punto dove il Campari, non è altro che ingrediente di Negroni, Americano, e bla bla, qualche altra decina di drink che se assaporeremmo con solo una patatina, e un'oliva in meno di due anni, saremo al ospedale di San Vittore, con un ulcera perforata. Ma tralasciando questo..
Nella galleria, i visitatori saranno accolti da una slot machine, dove la parola Campari è unita a diversi lettering, dediti a mostrarci quanti loghi sono stati inventati, fino agli anni trenta, quando la battaglia diventò più complicata, e verrà utilizzato solo il logo principale, su ogni bottiglia (sì, quello dei cani, che vi ho ricordato prima!)
Un'animazione e un sound design che renderà divertente la collezione, ben lontana certo, da quelle chine istallate frontalmente capace di mettere al tappeto con un attacco di sonnolenza mortale anche l'osservatore più attempato e attento presente a questo mondo...
Negli anni trascorsi, non era mai stata pensata un esposizione di carattere permanente, c’era qualcosa comunque, ma che non somigliava nemmeno in lontananza a una collezione.
Nell’attesa di realizzare il secondo piano Campari, la galleria ha allestito una mostra con opere abbastanza rilevanti di Fortunato Depero (pittore, sculture e grafico futurista per chi si fosse perso ancora all'elenco puntato degli aperitivi), provenienti o dal museo di Rovereto, piuttosto che da qualche collezionista privato. 
Cercando di tralasciare tutto il discorso che riguarda l'assimetria, piuttosto che la simmetria nelle opere di Fortunato, vi chiederete, ma che diavolo ci fa il futurismo col Campari?
Nel 1932 venne chiesto a Depero di realizzare la bottiglietta prototipo per il primo CampariSoda (quello analcolico che non ci piace troppo), che diventerà ben presto simbolo di questo sodalizio artistico; infatti i futuristi sono i primi a stabilire una sintonia con il nuovo e dinamico mondo industriale come già sappiamo, riuscendo a cogliere la natura innovativa della comunicazione e della pubblicità, riuscendo a sfruttare la forte connessione con l'industria.
Dopo questa rassegna non brevissima, rispetto ai miei post un attimino più sintetici, vi invito a ordinare stasera uno sbagliato al vostro barman di fiducia, magari raccontando qualcosa di questo post, almeno per rompere il ghiaccio con il vostro vicino di tavolo. 
Perché si sa la bellezza strega, ma l'arte conquista!

Ps: Consiglio vivamente una visitina (che per altro è gratuita alla galleria Campari) a Sesto  che è anche attaccata al capolinea dell'M1 e quindi non avete scusanti.