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giovedì 9 aprile 2015

Pregi e difetti di questa anteprima Miart 2015

“Parto col dire che stasera ho visto più Buonalumi che invitati!”
Partiamo anche col dire che è stato il primo vernissage a cui partecipo in cui non c’era niente, ma niente proprio da bere; perciò m’appello:
“Non dico che un vernissage deve essere il sinonimo di Vinitaly, ma almeno un bicchiere di bollicine offritelo ai vostri invitati, non fategli pagare un piccolo flut in plastica di prosecco alla bellezza di cinque euro, ok  qua siamo collezionisti, ma tra di noi ahimè c’è qualcuno che è venuto fino a Fieramilano per buttar giu du parole!!!”..

Ma detto ciò vediamo di ripercorrere un po’ quello che c’è in questo Miart;
oggi vi avevo lasciato dicendovi che volevo dire cosa mi avrebbe colpito in questa edizione, e quindi come da promessa, l’ho fatto.
Tra decine e decine.. e decine…. e decine nuovamente di Castellani e Bonalumi, c’è qualcos’altro di meno immediato, ma molto interessante!
Incorruptible di Alessandro Brighetti.
Il primo esempio è Donato Piccoli studioso del fenomeno della rottura spontanea della simmetria della natura e grande sostenitore della convinzione che la scienza possa diventare un mezzo per la sua creazione. Lo vediamo esposto nel “Dal tutto al nulla, per il nulla il tutto” un esempio dove arte e scienza sono messe in relazione e l’opera attraverso particolari rielaborazione e attenzioni si presenta come un’istallazione dove intorno al capo scorre una scritta luminosa col nome dell’opera.
Agnetti: "Assioma, il punto di arrivo"
Accanto al Donato, istallazione sempre della stessa natura, c’è “l’Incorruptible" di Brighetti, che sfrutta i principi della mente e i principi della scienza per manifestarsi.
Il secondo esempio è Vincenzo Agnetti che non è proprio sconosciuto ai nostri occhi, essendo un collaboratore e coetaneo del gruppo Azimut (lo vedete che il fantasma del buon Bonalumi esce sempre) , ma che comunque essendo poeta prima e solamente poi artista concettuale ha realizzato opere che personalmente mi sono sempre piaciute molto.
In fondo chi di meglio dipinge la sua anima su una tela, quando questa prima viene buttata nuda e cruda su carta?
Definirei l’opera esposta “Il punto di arrivo è la luce come primo punto oscuro” COERENTE, in mezzo a quella marea di INCOERENZA che con dispiacere ho potuto percepire qualche ora fa.
Il buon gusto delle esposizioni c’è stato, la qualità anche (provate a immaginare il valore perciò); ma per quegli pseudo-collezionisti (3 in meno di cinque minuti) interessati alla compravendita di un Botero io voto no! Capisco che la fiera, in sé oltre che a essere un evento mediatico, è un opportunità di investimento che io stessa ho elogiato stamani; ma a tutto c’è un limite!
Ma continuiamo con la mia lista, che non ha nessun pretesa di criticare, ma bensì quello della mia libertà di esprimermi.
Un’altra galleria  da visitare è Prometeo Gallery con Marìa Josè Arjone artista e performancer  sudamericana, che a Miart nelle sue opere la centralità del suo corpo dialoga con il pubblico. Nelle sue opere, la presenza umana non funziona nè come un simbolo, né come un soggetto narrante o intrattenitore; il corpo interagisce con lo spazio per creare un’esperienza risposte attive sia fisiche che cognitive. Lo spettatore lascia il suo ruolo di semplice osservatore, e diventa catalizzatore, comprendendo il significato del corpo e della sua interazione.
Concludo dicendo, che per chi come me ha un debole per DeChirico troverà certi dipinti capaci di farmi commuovere, e in grado di farmi cambiare idea riguardo al matrimonio (che naturalmente dovrà essere con uno sceicco arabo in grado comprarmi come regalo di nozze uno di questi pezzi esposti al Miart, va bene qualsiasi!).
E’ esposto il mio preferito dei suoi quadri “Ettore e Andromaca”, che per me rimane l’unica coppia che non mi fa rabbrividire alla visione: coppia di due manichini, figure atemporali simboleggianti lo strazio del momento dell’addio dello sposo in partenza per la guerra alla amata; la scenografia è immobile e il momento catartico.
Infine, amate l’informale e il concettuale? Benissimo, trovate pan per i vostri denti, ma a parere mio, dopo la quantità di opere esposte, arriverete a casa con l’emicrania e se andate di pomeriggio oltre che il biglietto, dovrete pagarvi anche l’analgesico dal vostro farmacista di fiducia.

Poi adesso voglio farvi le raccomandazioni del caso, perché se sa come quelle della propria mamma, non sono mai troppe; portatevi una bottiglietta di acqua, di coca cola, di lemonsoda, qualsiasi liquido perché se anche siete astemi nessun analcolico come premio!

Hunting and collecting: parola d'ordine di questo Miart 2015

"Eccoci qua, mi trovo alla ventisima edizione della Fiera Internazionale di Arte Moderna e Contemporanea  2015, che inizierà domani 10 aprile e che si concluderà con questo weekend, perciò mi sento di dirvi che al finesettimana non avete impegni, e dovete assolutamente passarci almeno un'oretta del vostro prezioso e limitato tempo...."



Trovo assai valida la collocazione di questa fiera, prima del Salone, che si sa da qualche anno a questa parte infervora Milano, con i suoi esperti e la sua seguente carovana di curiosoni che tra una sbirciatina e un calice di bollicine, fanno registrare record da urlo in fatto di presenze, e ancora prima dell' Expo, che possiamo ringraziare, e inginocchiarci al suo cospetto, visto che per una volta tanto ci darà una visione diversa, di quella che abbiamo della nostra cupa e grigia capitale meneghina.
Un’occasione che vede protagonista il tema dell’arte contemporanea come strumento di marketing territoriale, per una Milano che cresce, e continuerà a crescere.
Tra “Established”, “THENnow”, “Emergent”, “Object” per meglio dire le quattro sezioni, presenti quest'anno; almeno per una volta in questa mancata e burlona primavera, possiamo dialogare con parte della produzione dell’ultimo novecento e anche con i nuovi arrivati; (che non perché nuovi vanno snobbati eh) e dove i più fortunati di noi, quelli con un portamonete consistente finalmente potranno pensarci almeno qualche istante prima di far un investimento, che permane nel tempo e nel cuore, come alternativa alla corsa mattutina in Piazza Affari numero 6 in cerca del pacchetto azionario migliore.
Insomma un laboratorio di interessanti idee che accompagnano per tutto il fine settimana qualunque esperto, investitore, o gente comune come noi, semplicemente appassionati.

Ma cosa ci piace di questa fiera?

In primis questa partnership con Essential che ha distribuito (o distribuirà; questo con precisione non lo so) i sacchi borsa  con un esplicita immagine di un cucciolone a quattro zampe che non fa altro che rimandare allo slogan che inneggia le doti che ogni bravo collezionista deve o per meglio dire, dovrebbe avere per cacciare e fiutare le giuste opere d’arte da aggiungere alla propria collezione. Come diciamo perciò: “Hunting and Collecting".
Ma visto che non sono qua a scrivere di borse e altri 50 mila accessori simbolo delle altrettante vanità femminili, proseguo la lista di cosa ci (mi) piace in questa edizione Miart 2015.


Da non sottovalutare La “THENnow”  una specie di piedistallo che contrappone nove coppie di artisti di generazioni diverse a confronto. Mi raccomando se stasera avrete l’onore di presenziare al vernissage, di soffermarvi un attimo prima di raggiungere il beverage di passare per la coppia Galleria d’arte maggiore di Bologna – Sadie Coles e dare un occhiata all’accostamento di una delle nature morte di Giorgio Morandi con l’artista Paloma Varga (Artista contemporaneo tedesco).
Un’ altra cosa che mi è piaciuta non poco è stata la ricercatezza di questa organizzazione, è un po' quello che ci è stato detto, e quello che abbiamo potuto constatare con i nostri occhi, sicuramente capaci di individualizzare due elementi presenti in ogni stand.
Il primo elemento si aggira intorno alla parola “qualità” , perché nonostante e fortunatamente la crisi non ha mai colpito in maniera diretta o incalzante il mercato dell’arte italiano in sé (che poi in Italia sia un attimo meno aperto che altrove, è un altro paio di maniche),  ma come dicevo è un mercato che è orientato alla qualità, questo solo grazie all’attenzione che una galleria può prestare verso il proprio allestimento in Miart. 
Il secondo elemento è quello legato indissolubilmente all’approfondimento con focus personali, che concede un attimo di pausa e riflessione a qualsiasi visitatore.


Questo non è altro che una prima introduzione a quello che andremo a vedere meglio questa sera o nei seguenti giorni. Perciò penso sia indispensabile dire che c’è molto di più, di queste cosucce elencate a prima vista. Come nelle mie serie tv, regine dei miei produttivissimi pomeriggi, vi lascio con un ….to be continued……

mercoledì 25 marzo 2015

Vinitaly 2015 e le sue centinaia di vini a regola di arte.

L’uomo è tra il soffrire e il vivere conflitti interni, somatizza, o più semplicemente sente l’insoddisfazione di non essere “compiuto”, proprio compiuta come un’opera d’arte.
E’ difficile, impossibile determinarne la reale natura, che contiene in sé una negazione: incompiuta, non-compiuta.

Il vino può aiutare a raggiungere quel processo di “compimento” che consente di raggiungere l’equilibrio emotivo. L’equilibrio emotivo è quella condizione, che ci permette di vivere pienamente la nostra esistenza in serenità, senza false aspettative o ideali irraggiungibili. Ma penso ci sia molto di più dietro a tutto questo..
(da "Vino e Psicanalisi", di Sinibaldi e Ferrari, psicoanalisti con un'enoteca tra Cinque Giornate e Corso XXII Marzo)




Come dicevo prima, e come avrete capito è il vino a rendere migliore l’uomo, mente cosa dicevano della pittura? Che invece rende leggibile e sottile la nostra anima.
Non c’è perciò da stupirsi, se arte e vino nella loro storia hanno avuto continui incontri; entrambi in comune hanno una natura materiale, e un magnetismo spirituale.
Perciò volevo ripercorrere la storia del vino con i suoi ritratti più significativi, perciò cos’è questo vino?
Bè il vino è divertimento, questa è la prima certezza che abbiamo perché dove c’è vino c’è sorriso, come seconda certezza è che dove c’è vino in genere c’è arte…
Per Veermer in “Due gentiluomini e una fanciulla con vino” è un istante di seduzione, una donna raffinatamente vestita con un vestito di seta rossa, come volesse con un sorriso, compiacersi davanti a un uomo che la invita a bere un bicchiere di vino, poi io che sia compiacimento o ebrezza ho qualche dubbio io.
Stesso uomo, stessa situazione dove una donna seduta sta assaporando un bicchiere di vino; in entrambe le rappresentazioni quelle ad essere illuminate sono le emozioni e gli stati d’animo, messi in evidenza dal gioco psicologico che viene a crearsi.
Campeggiamo da un Paul Cezanne che lascia una bottiglia di vino sul tavolo assieme ai suoi giocatori di carte, a un Manet dove il vino è protagonista anche a colazione (ecco su quest’ultima cosa non posso che esordire, con un: “Bravo che hai capito l’essenza del mio pensiero, un pranzo senza vino, non può essere che colazione, e anzi maggià che ci siamo un po’ di vino piazziamolo anche li. Fratello e faro il vino ha preso sottobraccio e accompagnato ovunque tutti da Modigliani a Soutine…. 

“Si è chiusa oggi l’ennesima edizione di Vinitaly 2015, un’ottima annata a quanto mi risulta da quello ho leggiucchiato in giro qua e la, una fiera che per chi non lo sa non è la solita pezza dove espongono cose o pezzi di design che a forza di sforzarci ad apparire intelligenti ci viene il mal di testa. A mio parere, questa non è una fiera, è LA fiera per eccellenza, che poi io lo dico a voi uomini cari,  questo evento vi permette di avere la botte piena e la moglie ubriaca (infatti la riserva che tenete nel vostro sottoscala di Viale Umbria, rimarrà intatto)!"

Questo vinitaly ci ha fatto una sorpresa e insegnato qualcosa; i vini biologici e vegani sono stati i protagonisti di questo 2015; i consumatori nonostante la congiuntura negativa di questi ultimi tempi, continuano a consumare a quanto pare. 
Infatti mi è stato poi spiegato che nella fase di vinificazione diverse volte sono utilizzate sostanze di origine animale come le proteine del latte, o dell’uovo, che vengono utilizzate nella chiarificazione di vini. Questi vini paiono essere una garanzia per ogni vegetariano o vegano, che può stare tranquillo dopo tutti quei settecentoquattordici controlli accurati che vengono effettuati non sono alla fine, ma durante tutta la fase della realizzazione.
Un altro padiglione che mi ha intrigato è sicuramente quello coraggioso e mini-mini (il mini fa tendenza questa è la terza certezza dopo il divertimento e l’arte)  che ci ha offerto anche una piccola offerta di vini internazionali.  Ecco tanto per fare un po’ di chiarezza voglio dire che non sono un’espertissima, ma un vino cattivo si sa riconoscere.
Uno paio me ne sono rimasti impressi nella mente e sulle papille. Il primo era un vino spagnolo, che aveva sentori intensissimi e favolosi all’olfatto, ma che non aveva gli stessi attributi quando il dato sensoriale in gioco è stato il gusto. Quindi io rimarrò fedele alle mie venticinque regioni, dal Piemonte alla Puglia, allargandomi alle isole, e soffermandomi più che volentieri anche lì.
Dunque l’unico consiglio che vi posso dare è quello di non predestinarvi obbiettivi particolari e andate dove vi porta il cuore e il vino.